domenica 5 gennaio 2014

No ti poto amare



No ti poto amare

Giovan’inutilmente
ti ses post'in s'isettu
chi deo benz'a ti pedir'amore.
Ti giuro francamente

chi non ti tenz'affettu,
pro mores c'am'un ateru fìore.
Si so franch'e leale
non ti nde parzat male,
nè b'hat motiv' 'e mi tenne rancore.
Sos rancores lassamus,
amigos fimis, amigos restamus.

Si non ti pot'amare,
né daredi recreu
comente dias a cherrer, bella mia,
nde deves inculpare
solu su coro meu,
chi pro te non dimustrat simpatia.
Su cor'uman'est gai,
non si piegat mai:
palpitat cando cheret ips'ebbia.
Deo non lu trattenzo,
ma si no t'amat culpa no nde tenzo.

Sa franchesa perdona,
deo faedd'in cara.
Non ti connosco nisciunu difettu;
ses bella, onest'e bona,
in virtudes ses rara,
puru cun tottu no ti tenz'affettu.
Duncas es tottu vanu
chi tenzas fìttianu
iscrittu su lumen me'in s'intellettu.
Pens' 'e ti rassignare,
e proa si nde lu podes canzellare.

Ti deves figurare
ch'est una visione
su penseri chi fìrmu has in sa testa,
si no, podes pensare,
chi un’illusione
ti podet esser fatal'e funesta.
Lassa su sentimentu,
a' cust'avvertimentu
si felize ti cheres, fide presta.
Si penseri no mudas,
de custa passione ti nd'impudas.

De amore suspiras,
si presente ti seo,
dae me ti pretendes cunfortada:
cand'in cara mi miras,
non t'abbizas chi deo
non corrispund'a sa tua mirada?
Ti fatto visu tostu,
prite non so dispostu
in coro me'a ti dare s'intrada.
Cando miras a mie
cheres azzender fogu cun sa nie.

Pensa de m'olvidare
e cun serenidade
abbandona s'idea c'has leadu.
Mi des cunsiderare
coment’ ‘e unu frade,
no coment' 'e su tou innamoradu.
Allegra des istare,
ca no t’hat a mancare
cuddu chi t'hat sa sorte destinadu,
pro su cale unu die
des olvidare c'has connott'a mie.

Ogn'affann'ogni pena
comente benit passat,
gai hat decretadu sa natura;
puru cussa cadena
ch'in paghe non ti lassat,
benit a si truncare, ista segura.
Un'ateru fiore
t'hat a pedir'amore,
de me no nd'has a fagher pius cura,
anzis, allegramente,
mi des ismentigare totalmente.

Como t'happ'avvisadu
chi non ti tenz'amore,
pro ca tenz'in su cor'atera rosa.
Si francu so istadu
no mi uses rancore,
anzis nde des andar'orgogliosa
de tenner unu frade,
chi, cun sinceridade,
t'est istadu fìdel'in dogni cosa.
Sighimus s'amistade,
ma s'intendet, coment' 'e sorr'e frade.

Autore Peppinu Mereu





martedì 23 dicembre 2008

RAPSODIA SARDA

Nel mare dei mari c'è un'isola antica

Terra di gente generosa e amica.

Fuoco sui monti.

Squillano le trombe.


Fortza Paris Sardegna!


Nè Carlo Terzo nè Filippo Quinto.

Quest'Isola non è d'un re che ha vinto.

Scendiamo in campo.

Rullano i tamburi.


Fortza Paris Sardegna!


Noi cancelliamo con le nostre spade

di feudatari e re le leggi ladre.

Bandiere al vento.

Corriamo all'assalto.


Fortza Paris Sardegna!



Frantziscu Zedda

imprenta de f. zedda

venerdì 19 dicembre 2008

sighit......su patriottu sardu a sos feudatarius2

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Loro trovavano qui matrimoni vantaggiosi; per loro erano gli impieghi, per loro gli onori, i gradi più alti della Chiesa, toga e spada: ed al sardo restava, una fune per impiccarsi.

I peggiori ci mandavano per castigo e correzione, con paga e con pensione, con impiego e con patente. In Moscovia, tale gente, in Siberia li mandavano, perché muoiano di miseria, non per governare.

Intanto nell'Isola nostra numerosi giovani di talento e virtù oziosi lasciano: e se qualcuno lo impiegavano cercavano il più scemo perché a loro conveniva avere a che fare con certa gente.

Se in impieghi subalterni qualche sardo avanzava in regali non bastava metà del suo salario, mandare bisognava cavalli di razza a Torino, e buone casse di vino, Moscato e Malvasia.

Trasferire in Piemonte, l'argento nostro e l'oro è del loro modo di governare, massimo fondamento. La Sardegna, che vada bene o male, non gliene importa niente, anzi credono dannoso lasciarla prosperare.

L'isola hanno rovinato, questa razza di bastardi; i privilegi sardi ce li hanno portati via, dai nostri archivi ci hanno rubato i documenti più importanti, e come documenti inutili li hanno fatti bruciare.

Di questo flagello, in parte, Dio ci ha liberato; i sardi hanno cacciato questo dannoso nemico; O Barone sardo indegno, mtu gli sei amico e ti dai da fare per farlo ritornare.

Per questo, sfacciatamente, predichi per il Piemonte, Falso!, che porti in fronte il marchio del traditore: le tue figlie tanto onore fanno al forestiero, sia pure uno sguattero, purché non sia sardo.

Se per caso vai a Torino, lì, baciare devi ai ministri i piedi, e ad un altro...., mi capisci, per ottener quello che desideri vendi la tua Patria e cerchi, forse, di nascosto di screditare i sardi.

La borsa lasci lì, ed in premio ne porti una croce da quattro soldi in petto, una chiave sul sedere; per costruire la caserma la tua casa hai distrutto, ed hai meritato il titolo di traditore e spia.

Il cielo non lascia sempre La cattiveria trionfare; il mondo deve riformare le cose che vanno male; il sistema feudale non può durare a lungo, questo vendere per soldi i popoli deve cessare.

L'uomo che l'impostura già aveva degradato pare che all'antica dignità voglia di nuovo salire; pare che il suo rango l'umanità rivendichi.... Sardi miei, svegliatevi e seguite questa guida.

Questa, popoli, è l'ora di estirpare gli abusi! A terra le leggi inique, a terra il dispotismo! Guerra, guerra all'egoismo, e guerra agli oppressori, questi piccoli tiranni bisogna umiliarli.



Se no, qualche giorno, a morsi vi taglierete il dito: ora che gettato è l'ordito a voi tocca tessere; badate che poi sarà tardivo il pentimento; quando c'è il vento favorevole, allora conviene trebbiare.

torra agoa<<

sighit......su patriottu sardu a sos feudatarius

torra agoa<
Le rendite servono solo a mantenere amanti, per carrozze e livree, per inutili servizi, per alimentare i vizi, per giocare a bassetta, per potere il pantalone, fuori casa sfogare.

Per poter imbandire piatti quindici e venti alla sua tavola, perché possa la Marchesa andare sempre in portantina; la scarpa stretta, poverina,la fa zoppicare, le pietre pungono troppo e non può camminare.

Per una sola lettera il vassallo, poverino, fa giorni di strada a piedi, senza esser pagato, mezzo scalzo e svestito, esposto ad ogni inclemenza del tempo, Eppure ha pazienza Eppure deve star zitto.

Ecco come s'investe del povero il sudore! Come, Signore Eterno, sopportate tanta ingiustizia? Voi, Giustizia Divina, ponete rimedio a queste cose, Voi,dalle spine,le rose, potete far nascere.

O poveri abitanti dei villaggi, lavorate, lavorate, per mantener in città questi cavalli da stalla. A voi lasciano la paglia, loro si prendono il grano; e pensano sera e mattina soltanto ad ingrassare.

Il signore Feudatario alle undici si alza: dal letto alla tavola, dalla tavola al gioco: e poi per distrarsi, va a cicisbeare; Fino a sera tarda: teatro, ballo ed allegria.

Quanto diversamente Il vassallo passa il tempo! Prima dell'aurora è già uscito in campagna; vento o neve alla montagna, è sempre lo stesso, o sole ardente; O poveretto! Come può sopportarlo?

Con la zappa e l'aratro lotta tutto il giorno; a mezzogiorno si ciba di solo pane.
Meglio pasciuto è il cane del Barone, in città, se è di quella razza che portano in grembo.

Temendo che si mettesse un rimedio disordini tanto grandi, con maneggi ed inganni le Corti hanno impedito; e hanno tentato di disperdere i patrizi più zelanti, dicendo ch'erano arroganti e contro la Monarchia.

A quelli che in favore della Patria hanno perorato che la spada hanno sguainato per la causa comune, o al collo la fune volevano mettere, poveretti! O come Giacobini, li volevano massacrare.

Però il Cielo ha difeso i buoni visibilmente, atterrato ha il potente, e l'umile esaltato. Dio, che si è dichiarato A favore della nostra Patria, dalla vostra insidia, Lui ci salverà.

Perfido Feudatario! per interesse privato protettore dichiarato sei del piemontese. Con lui ti eri inteso, con molta facilità; lui mangia nella città, tu, a gara, nei villaggi.

Era per i Piemontesi, la Sardegna una cuccagna; come nelle Indie di Spagna, loro si trovano qui da noi; contro noi alzava la voce perfino un cameriere; o plebeo, o cavaliere, il sardo si doveva umiliare.

Loro da questa terra hanno cavato milioni. Venivano senza calzoni, e se n'andavano gallonati. Mai ci fossero venuti, che hanno bruciato tutto! Maledetto il paese, che crea una genìa simile!

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mercoledì 19 novembre 2008

segue .......geometria sacra

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La figura a lato, chiamata il "Fiore della Vita" è la forma più complessa, anche se vista così potrebbe sembrare abbastanza semplice. All'interno del Fiore della Vita, sono inscrivibili tutte lo forme dell'universo. Tutto è stato creato e completato attraverso questo schema, tutti i linguaggi, le leggi della fisica, le forme biologiche e anche noi singolarmente. Questa immagine viene chiamata il Fiore della Vita in quanto la sua replica origina un albero. Pensate ai frutti di un albero, e al gran numero di semi all'interno dei frutti, così come all'interno di ogni seme vi è rappresentato un albero, nella geometria del fiore della vita vi è tutta la creazione.
Quest'altra figura rappresenta il Seme della Vita, in quanto esso delinea il primo circolo e i primi 6 cerchi intorno a esso. Le rappresentazioni di qui esposte sono in grafica bidimensionale, ma, in realtà tutte queste immagini vanno viste tridimensionalmente. Quelli che vedete come dei cerchi interconnessi sono delle sfere interconnesse. In tutte le culture esoteriche il cerchio, o meglio ancora la sfera rappresenta il tutto o il vuoto, la scienza ci dice che l'universo ha forma sferica, all'interno del quale tutto è contenuto. Nelle varie definizioni esoteriche si arriva alla conclusione che Dio è onnipresente e che pervade qualsiasi cosa della creazione. Se ragionate attentamente questo è possibile solo con una proiezione interna. Quindi se rappresentiamo Dio come il tutto è logico che la sua forma sia la sfera. All'interno del quale vi si trovano altre sfere, dove a questo punto è possibile inscriverci all'interno qualsiasi altra forma. Abbiamo detto prima che la geometria è la struttura morfogenica di tutta la creazione, andando avanti sarà chiaro comprendere come attraverso di essa la coscienza suprema ha creato se stessa (gli universi con tutte le sue creature).
L'immagine successiva che vi propongo è l'Albero della Vita, anche questa è una figura utilizzata dalle più svariate scuole esoteriche. Anche l'Albero della Vita è inscrivibile all'interno del Fiore e del Seme della Vita, come potete vedere da quest'altra immagine. Se sovrapponete le due immagini il seme della vita e l'albero della vita, vedrete come ogni linea combaci perfettamente e che l'albero sta esattamente dentro al seme della vita. Già da queste prime immagini possiamo intuire come il principio di unità non sia un'astrazione ma una realtà scientifica e fisica. Tutto è Uno, nulla è separato da nulla, ed anche la GS ci dimostra questa realtà.
Un'altra figura fondamentale è rappresentata dalla Vesica Piscis, che è costituita semplicemente da due cerchi uno vicina all'altro in modo che la due circonferenze si intersechino.L'area comune da esse generata è la Vesica Piscis, all'interno di questa figura sono inscrivibili due triangoli equilateri, i quali contorni combaciano con un rettangolo. Il fiore ed il seme della vita sono in realtà delle vesica piscis, infatti se le osservate potete vedervi all'interno un gran numero di vesica piscis. Osservando la figura dove c'è sovrapposto l'albero della vita al fiore, vedrete che ogni linea nell'albero della vita ha la lunghezza o la larghezza di una vesica piscis. questo ci dimostra come la natura della GS vi è una estrema fluidità, senza interruzioni. Il fiore della vita, che come abbiamo detto contiene al suo interno tutto quanto esiste, non ha interruzioni, anzi continua a dispiegarsi sino all'infinito in tutte le direzioni. Così, al suo interno la GS è collegata perfettamente senza interruzioni con il tutto.

domenica 16 novembre 2008

segue......sugli stati d'animo

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Ma è singolare: non vengono gli ospiti che vogliono, né così come si trovano, bensì coloro che debbono venire, e solo questi. Tutto ciò che l'anima non può riflettere, non la tocca; ma poiché la volontà fa o non fa riflettere l'anima a suo talento, essa viene toccata soltanto da ciò che vuole. E ciò a molti appare contraddittorio; giacché ricordano quale resistenza oppongono a certe sensazioni. Ma che cos'è che in ultima analisi determina la volontà? E quante volte la volontà dorme e vegliano soltanto gli istinti e le inclinazioni? E una delle più forti inclinazioni dell'anima è una certa curiosità, una predilezione per l'inconsueto, e ciò spiega perché sovente ci lasciamo indurre in stati d'animo spiacevoli.
Ma l'anima non recepisce soltanto tramite la volontà; essa è fatta della stessa materia degli eventi, o di una materia simile, e da ciò proviene che un evento che non trova una corda affine, grava tuttavia sull'anima col peso dell'umore, e può gradualmente acquistare una tale preponderanza da schiacciare e comprimere il suo restante contenuto.
Gli stati d'animo derivano dunque dai conflitti interni ovvero da una pressione esterna sul mondo interiore. Qui una guerra civile di due campi opposti, là l'oppressione del popolo da parte di un ceto, di un'esigua minoranza.
Quante volte, quando tendo l'orecchio ai miei pensieri e sentimenti e tacitamente mi sorveglio, me è sembrato di udire il ronzio e lo strepito delle turbolente fazioni, come se qualcosa stormisse per l'aria, come quando un'aquila o un pensiero si levano incontro al sole.
La guerra è l'alimento costante dell'anima, che da essa sa trascegliere per sé quanto le basta di dolcezza e di bellezza. Ciò facendo distrugge e procrea il nuovo, lotta accanitamente, ma attrae soavemente il nemico dalla sua parte per un'intera unione. E ciò che più stupisce è che non bada mai all'esteriorità: nomi, personaggi, luoghi, belle parole, tratti di penna, tutto è per lei di valore subordinato; ed essa pregia invece ciò che è nascosto nella scorza.
Ciò che ora è forse tutta la tua felicità o tutto il tuo cruccio, probabilmente tra breve non sarà che l'involucro di un sentimento ancor più profondo e quindi si perderà in sé stesso al sopravvenire di un qualcosa di superiore. E così i nostri stati d'animo si approfondiscono sempre di più, nessuno assomiglia con precisione a un altro, bensì ciascuno è infinitamente giovane e il Parto dell'Attimo.
Penso ora a tante cose che ho amato; si sono susseguiti i nomi e le persone, e non voglio affermare che davvero le loro nature siano diventate sempre più belle e profonde; però è vero che ciascuno di questi stati d'animo consimili rappresenta per me un progresso, e che è insopportabile per lo spirito ripercorrere le stesse fasi che ha già percorso; esso vuole espandersi sempre più in alto, sempre più in profondo.
Vi saluto, o stati d'animo, mirabili alternanze di un'anima impetuosa, vari come la natura ma di essa più grandi, perché vi superate di continuo, guardate sempre in alto; mentre la pianta profuma oggi come profumava nel giorno della creazione. Io non amo più come amavo qualche settimana fa; in questo momento non sono più dello stesso umore di quando ho incominciato a scrivere. -
(Federico Nietzsche - La mia vita - SCRITTI AUTOBIOGRAFICI 1856- 1869
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